Orchi, streghe e draghi sputafuoco
Quando favole e fiabe non fanno solo paura
I personaggi delle fiabe destinate ai bambini sono ricchi di elementi terrificanti. La letteratura infantile, molto spesso nata in realtà per il diletto degli adulti e frutto di una società che vedeva nella creazione favolistica e nella relativa narrazione un'opportunità di svago, è infatti ricca di elementi horror.
Ogni fiaba, quando sia ben congegnata, prevede la messa in scena di uno o più archetipi, miti, simboli e/o immagini che attingono all'inconscio collettivo tanto caro a Jung.
L'interazione dei protagonisti con tale simbologia nel corso dello scioglimento di una situazione, molto spesso grazie a un intervento esterno, a volte di natura magica, a volte divina, altre ancora frutto dell'ingegno umano, porta a modificare il corso della storia e fornisce occasioni di crescita.
Le favole sono ricche di situazioni paurose e terrorizzanti: dagli orchi che divorano i bambini alle streghe che imprigionano, dai lupi famelici ai serpenti ammaliatori, dai genitori che abbandonano a quelli che muoiono a quelli che si risposano con individui abbietti e crudeli. Per non parlare poi dei pericoli che si trovano ad affrontare i protagonisti delle favole: labirinti infuocati, animali reali o di fantasia malvagi e senza cuore, sofferenze indicibili per attraversare oceani o deserti.
E’ proprio l’esagerazione raccontata nella favola che consente di vivere un’esperienza in modo indiretto, senza correre rischi, potendo chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie nei momenti più paurosi, allo stesso tempo sapendo che alla fine andrà tutto bene, che i nodi si scioglieranno e il protagonista e i suoi cari torneranno a vivere nel migliore dei mondi possibili. Nella narrazione i bambini sanno che i personaggi e gli interlocutori delle favole non sono altro che intermediari, simboli, mediatori tra situazioni che hanno precise regole e caratteristiche. La favola deve fare paura per svolgere la propria funzione catartica.
Quando la struttura della fiaba viene rispettata e i simboli messi in gioco trovano una corretta collocazione in una dinamica evolutiva, seppure truculenta e ricca di note violente e malvagie, la funzione educativa può svolgersi senza traumi. Favole e fiabe hanno bisogno di protagonisti malvagi, perché con il tempo si impari ad essere diffidenti quando serve. Necessitano di percorsi accidentati, prove da superare, viaggi interminabili, sofferenze intense per mostrare che un cammino faticoso e a prima vista insuperabile può portare alla salvezza. Servono aiuti da parte di anziane solitarie, streghe, maghi, folletti, elfi e fate perché con il tempo si impari a scoprire queste figure in se stessi, riuscendo a non sentirsi mai soli e indifesi. Occorrono ricompense sotto forma di oro e gemme perché ci si senta poi ricchi con salute e benessere. Ancora, devono prevedere disponibilità alla ripetizione per un lungo tempo anche più volte al giorno, se richiesta, per essere pienamente assimilata e integrata nelle sue componenti e nel vissuto del destinatario. E soprattutto è indispensabile un lieto fine che alimenti la speranza e fornisca conforto e rassicurazione.
La grande forza di favole e fiabe, e insieme la salvezza per chi ne ascolta il messaggio potente, consiste nella sua essenza di racconto. Il lettore, come pure l'ascoltatore, vengono trasportati in un mondo fantastico guidati dalle parole, creando in modo autonomo i mondi e le ambientazioni in cui la storia si svolge, al pari dei personaggi e dei vari elementi. In questo modo è possibile affrontare temi di grande spessore e intimità, dall'abbandono, alla morte di uno o entrambi i genitori, dell'infanticidio e del tradimento. Attraverso il racconto è possibile identificarsi con personaggi senza particolari abilità, quando non addirittura mediocri o svantaggiati, e affrontare imprese mirabili con grande successo. Combattere draghi, affrontare orchi assassini, riscattare una posizione sociale, conquistare l'amore e la felicità in terra, sono solo alcune delle imprese straordinarie che compiono i protagonisti delle favole, in continua alternanza tra eros e tanatos, amore e morte.
Il meccanismo si inceppa nel momento in cui le immagini, piuttosto che generate dall'immaginazione personale, vengono imposte dall'esterno, in special modo attraverso i cartoni animati e i film di animazione. Attraverso l’uso emotivamente accattivante del colore, la scelta di personaggi degli occhi grandi e dolci e le potenzialità offerte dall'animazione o dai filmati, la pellicola si trasforma in uno strumento di enorme potenza e incisività che può portare in alcuni casi all’insorgenza di veri e propri traumi. Il racconto e la sua visualizzazione infatti non vengono sollecitati e lasciati all'elaborazione personale di chi ascolta o chi legge, ma sono imposti dall'esterno, impedendo all'inconscio di proteggersi qualora non sia sufficientemente maturo per affrontarli, o perlomeno limitando grandemente tale capacità. La trasposizione cinematografica di alcune storie per bambini, pur avendo un enorme seguito, porta con sé il rischio di subire passivamente il potere evocativo della favola.
Dalle angherie subite da Pinocchio all’accanimento della matrigna su Biancaneve, fino alle angherie di cui sono vittime Dumbo e la sua mamma, alcuni film nati per i bambini dovrebbero godere di un'attenzione particolare da parte dei genitori, prima e soprattutto dopo la loro visione. Non è un male permettere ai bambini la visione di questi film, e anzi, spesso sarebbe ingiusto non consentirlo. Sarebbe però opportuno affrontare con il bambino la storia del film che si andrà a vedere, o perlomeno i particolari più intensi o significativamente dal punto di vista simbolico, fornendogli altresì la possibilità di discuterne in seguito. E' altresì importante permettere al bambino che lo richieda, avendone la possibilità, di guardare più volte il cartone animato o alcuni spezzoni per lui importanti, in modo da poterne elaborare compiutamente i significati, oppure di sospenderne la visione, nel rispetto dei suoi tempi e del suo grado di maturità.