Aggressività e bullismo
Una normale tensione relazionale può a volte trasformarsi in atti di prevaricazione
Gli atteggiamenti aggressivi, l’aspetto impetuoso del fare, dell’agire verso ciò che crea barriere e ostacoli, si concretizzano in forza adattiva ed espansiva. Tale energia è funzionale alla persona, perchè permette, da piccoli, di occupare uno spazio fisico, in seguito per conquistare uno spazio affettivo e relazionale. Inoltre fornisce al bambino un valido strumento di difesa contro le imposizioni esterne.
L’aggressività distruttiva insorge invece quando il soggetto ha un’immagine labile di sé e percepisce ciò che proviene dall’esterno come una minaccia o un pericolo alla propria identità.
L’aggressività aumenta in maniera inversamente proporzionale alla quantità di spazi disponibile. Oggi gli ambienti a completa disposizione dei bambini scarseggiano, in special modo quelli liberti dalle ingerenze degli adulti, che sorvegliano l’operato dei bambini impedendogli di sperimentare e di imparare in maniera autonoma. Le proibizioni, seppure mascherate da consigli e premure, così come gli avvertimenti eccessivamente protettivi, pregiudicano la possibilità di fare esperienza, indispensabile per il soggetto in crescita.
Se la funzione adattiva ed espansiva vengono costrette, limitando le opportunità di esperienza, non è possibile strutturare una autoimmagine sufficiente, né una sufficiente identificazione dell’altro, originando una aggressività distruttiva nella quale comportamenti minacciosi e violenti sostituiscono quelli positivamente espansivi.
Un’espressione possibile dell’aggressività consiste nel bullismo, fenomeno ritenuto normale in soggetti al massimo di 7 anni, che comporta l’incapacità di riconoscere i segnali emotivi degli altri. I messaggi di rabbia o dolore dell’altro restano incompresi: ogni azione nei suoi confronti sarà quindi giudicata possibile, dal momento che non si riesce a immaginare la possibilità di causare dolore, non è chiara la definizione dei limiti e non si provano sentimenti di pietà. I bambini, soprattutto maschi, spesso modulano e gestiscono l’aggressività con gare e simulazioni di lotta, in una dinamica rituale prevalentemente motoria. Le femmine traggono invece maggiore piacere nel mediare l’aggressività tramite la dinamica del potere, soprattutto perché ancora oggi il retaggio culturale ne inibisce le dinamiche motorie.
Per entrambi il dominio sull’altra persona genera gratificazione, provocata però da paura e diffidenza piuttosto che da rispetto e fiducia. Il bullo vive così situazioni apparentemente edificanti, che inevitabilmente nel tempo lo portano a circondarsi da persone che non agiscono per amicizia o affetto ma per un mero rendiconto personale, creando le basi per una solitudine interiore sempre più difficile da dissolvere.