Psicosi infantili
Per lungo tempo la base delle ricerche sulla psicosi infantile è stata la teoria dell’autismo infantile di Corman.
Il fulcro intorno al quale si dipartivano le linee essenziali delle sue convinzioni consisteva nelle qualità della madre, che dava apparentemente più importanza alla razionalità rispetto alle emozioni e si dimostrava spesso frustrata e assente. In realtà alcune di tali caratteristiche materne possono essere una conseguenza delle difficoltà generate dal figlio. L’atteggiamento di un bambino che non si lasci coccolare, abbracciare o prendere in braccio, nutre infatti inequivocabilmente l’assenza della madre.
Le psicosi infantili sono determinate da disturbi a matrice organica. Spesso sono confuse con i cosiddetti pattern di attaccamento, modalità iniziali di rapporto di relazione che in alcuni casi possono determinare situazioni di una certa gravità. Sono distinguibili tre tipi di pattern di attaccamento, che si possono verificare alternativamente:
Attaccamento sicuro
Il bambino è fiducioso perché sa che, quando sarà necessario, la madre interverrà prontamente. Il distacco è facilitato dalla sicurezza che la madre sarà disponibile al momento del bisogno. L’atteggiamento nei confronti dei doveri scolastici e quotidiani è di impegno e di sfida, dato che nei momenti di difficoltà il bambino sa di poter contare sull’aiuto altrui.
Attaccamento ansioso-resistente
Il bambino vive nell’incertezza dell’intervento materno. Madri insicure, più portate a considerare gli aspetti esteriori (se è ben coperto, se mangia e dorme, se ha la febbre) piuttosto che la soddisfazione psichica del figlio, possono trasmettere la loro ansia di fondo al figlio. Quelle che vengono classificate come nevrosi negli adulti possono essere presenti anche nei bambini come disturbi a carico della sfera emotiva in risposta a esperienze nelle quali l’aiuto richiesto agli adulti non e’ stato soddisfatto.
Attaccamento ansioso-evitante
Il bambino non si aspetta di ricevere aiuto quando ne avrà bisogno. E’ sicuro che le sue richieste di aiuto non verranno soddisfatte. Conseguenza di una tale convinzione sarà la comparsa di chiusura emotiva, di mancanza di disponibilità verso gli altri e di assenza di amore per il prossimo. Il soggetto cercherà di essere autosufficiente, nella convinzione che non riceverà aiuto da altri. Potranno insorgere con maggiore facilità disturbi nella sfera dell’umore, tendenze al suicidio, a ricercare supporto nelle droghe, disturbi nel comportamento di stampo autistico e predisposizione all’anoressia mentale nelle bambine.
Un’adeguata valutazione della situazione nei suoi aspetti costitutivi consente di individuare gli ambiti di intervento più idonei ad affrontare la situazione.